Il ruolo della dieta nella sindrome metabolica


La sindrome metabolica è una condizione patologica caratterizzata dalla presenza concomitante di più disfunzioni che espongono al rischio cardiovascolare.
I maggiori fattori di rischio per l’insorgenza della sindrome sono l’obesità addominale e la resistenza ad insulina.
Quest’ultima è inoltre il pricipale criterio diagnostico della sindrome in quanto viene sempre riscontrata in associazione agli altri fattori di rischio – ipertensione e dislipidemia.
Una dieta ricca in grassi saturi e colesterolo – aterogenica – aumenta il rischio cardiovascolare.
Per questa ragione, ai soggetti colpiti da sindrome metabolica viene suggerita una dieta che comprenda frutta, verdura, latticini poveri in grassi e carni bianche. Una riduzione nell’apporto di sodio può favorire l’abbassamento della pressione sanguigna.
Al contrario, viene fortemente sconsigliato il consumo di carne rossa, grassi saturi, dolci e bevande contenenti zucchero.
Le diete ricche in carboidrati sono altrettanto pericolose in quanto possono innalzare i livelli di trigliceridi ed abbassare i livelli di lipoproteine ad alta densità aggravando così la dislipidemia caratteristica della sindrome.
Lo studio
L’associazione tra alimenti e sindrome metabolica è stata studiata su un campione misto di 1334 individui di età compresa fra 57 e 78 anni di età registrando le abitudini dietetiche mediante diario alimentare.
Dall’analisi è emerso che il consumo di verdure, legumi e pesce previene il rischio di sviluppo della sindrome metabolica sia negli uomini che nelle donne. Al contrario, una dieta ricca in carni rosse presentava una forte associazione con i disordini caratteristici della sindrome, in particolare la dislipidemia.
Significato clinico
L’alimentazione riveste dunque un ruolo fondamentale nella prevenzione e patogenesi della sindrome.
Tutti i pazienti diagnosticati con sindrome metabolica, oltre modificare la composizione della propria dieta dovrebbero aumentare i livelli di attività fisica.
Il muscolo scheletrico è infatti il tessuto maggiormente sensibile all’azione dell’insulina.



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