Acidi grassi nella dieta modificano il rischio cardiovascolare


La composizione della dieta riveste un ruolo fondamentale nel mediare lo stato di salute e il rischio di sviluppare condizioni patologiche croniche. Ciò è valido soprattutto per il rischio cardiovascolare, e l’alimentazione sembra essere il principale fattore responsabile nel determinare i livelli di acidi grassi nel sangue.
A confermare questa nozione è un recente studio internazionale coordinato dai ricercatori italiani dell’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Isernia, i quali hanno potuto dimostrare che le differenze nelle abitudini alimentari, in questo caso riferite ai tre paesi europei Italia, Belgio e Gran Bretagna, spiegavano fondamentalmente la variazione osservata nel profilo degli acidi grassi riscontrati nel plasma e nelle membrane cellulari dei globuli rossi.
Per fare questo, gli autori hanno analizzato i profili biochimici di una serie di 1604 soggetti di entrambi i sessi di età compresa tra 26 e 65 anni provenienti dai tre paesi. Gli autori avevano anche disposizione informazioni dettagliate sulle abitudini alimentari di ciascun soggetto relative all’anno precedente dello studio.
In questo modo è stato possibile dimostrare che il campione italiano di partecipanti presentava, mediamente, livelli inferiori di acidi grassi omega 3 nel sangue e sulle cellule ematiche rispetto ai soggetti degli altri due paesi. Allo stesso tempo, gli italiani presentavano livelli più elevati di acido arachidonico nei due compartimenti biologici sia rispetto ai belgi e inglesi.
L’analisi di correlazione statistica ha quindi rivelato che vi era una diretta associazione tra il tipo di alimentazione e la variazione osservata nella composizione degli acidi grassi. In particolare, due pattern alimentari specifici spiegavano, rispettivamente, il 35% e il 17% della variazione osservata, e in particolare le diete ricche in oli di origine vegetale e cibi ricchi in polifenoli.
Lo studio ha quindi confermato precedenti osservazioni sull’associazione tra dieta e rischio cardiovascolare, evidenziando anche la possibilità di identificare specifici pattern alimentari in grado di offrire protezione verso questo rischio.


