Consumo di carni cotte complica misurazioni della funzione renale


Il consumo di carne cotta può determinare un innalzamento significativo dei livelli di creatinina a tal punto da confondere il calcolo del tasso di filtrazione glomerulare e, in alcuni casi, potrebbe determinare una scorretta classificazione dello stadio dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica.
È questa la conclusione di un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università di Liverpool e presentato sulla rivista Diabetes Journal. Il processo di cottura della carne, infatti, determinerebbe la conversione della proteina creatina in creatinina, causando così il rapido aumento delle sue concentrazioni sieriche.
Tipicamente, il digiuno non è indicato per l’esecuzione dei test di funzionalità renale, ma questi risultati suggerirebbero che dovrebbe esserlo, o almeno che i pazienti dovrebbero astenersi dal consumo di carni cotte prima di tale esame.
Lo studio lancia quindi un duplice messaggio, ai pazienti in primis, ma anche ai medici.
Secondo l’intepretazione degli autori, i livelli della creatinina sierica e il tasso di filtrazione glomerulare (GFR ) non dovrebbero essere infatti considerati come valori assoluti, poichè esisterebbero innumerevoli fattori in grado di introdurre variabilità nella loro misurazione.
Queste osservazioni avrebbero infatti importanti implicazioni cliniche, poichè le soglie di GFR costituiscono la base vera e propria per cui stabilire l’interruzione di specifiche medicazioni o per allestire altri test particolarmente dispendiosi. Come hanno sottolineato gli autori dello studio, la nefropatia che caratterizza numerosi pazienti affetti da diabete è una delle principali cause della malattia renale cronica e quindi lo screening accurato per la presenza di questa condizione è raccommandato.



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