L’obesità: un fattore chiave di rischio nello sviluppo del Tromboembolismo Venoso


Tra i fattori di rischio acquisiti nello sviluppo del tromboembolismo venoso-VTE si annoverano il fumo, l’obesità, la sedentarietà prolungata, l’alterazione dei meccanismi di coagulazione, recenti interventi chirurgici, traumi ed ospedalizzazione duratura.
Tra le cause innate o fisiologiche che predispongono al rischio di VTE si registrano l’età avanzata ed una storia familiare o personale di VTE.
Dopo un primo episodio di VTE, il rischio di successivi episodi è elevato e varia nel tempo, con una maggiore predisposizione durante i primi sei o dodici mesi posteriori al primo evento. La mortalità si verifica nel 6% dei casi di DVT ad un mese di distanza dalla diagnosi.
A seguito di un evento di VTE, il rischio di ripresentazione non si risolve mai, perciò il VTE deve essere considerata una condizione cronica piuttosto che episodica.
L’obesità addominale è recentemente emersa come fattore chiave di rischio di sviluppo del tromboembolismo venoso (VTE), come illustrato da due studi pubblicati nella rivista Journal of Thrombosis and Haemostasis. Le altre caratteristiche associate della sindrome metabolica, al contrario, sembrano avere un lieve o minimo impatto nello sviluppo del disturbo.
Obesità: quale è il suo ruolo?
In un primo studio, condotto Knut Borch e collaboratori dell’Università di Tromsø in Norvegia, si è esaminata la relazione tra VTE e sindrome metabolica, anche nelle sue componenti tra cui l’obesità addominale, l’ipertensione, la dislipidemia e la resistenza all’insulina ed il rischio di VTE.
Il team medico ha seguito 6170 partecipanti, con età da 25 a 84 anni, per il primo evento di VTE dal 1994 al 2007, per una media di 10,8 anni.
In generale, il 21,9% dei partecipanti presentava la sindrome metabolica a livelli basali, come definita da una formulazione modificata del National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel III (NCEP ATPIII), e nel gruppo si sono verificati194 episodi di VTE, con un andamento di 2.92 episodi su 1000 anni di studio totali delle persone.
Dopo le correzioni per età e sesso, l’analisi ha dimostrato che la diagnosi di sindrome metabolica basale si associa ad un rischio di VTE del 65%.
Nonostante il rischio aumenti con il numero di disfunzioni associate alla sindrome, l’obesità addominale è l’unico fattore di rischio apparso significativo per il VTE nell’analisi multivariata (hazard ratio [HR]=2.03). Infatti, escludendo l’obesità addominale, nessun altra caratteristica della sindrome metabolica da sola o in combinazione prediceva il rischio di VTE.
Questo studio fornisce evidenza della sindrome metabolica come un fattore di rischio per il tromboembolismo. L’obesità addominale, tuttavia, sembra essere il fattore di rischio principale tra i singoli elementi clinici della sindrome.
Il ruolo della sindrome metabolica
Un secondo studio, il Longitudinal Study of TE etiology, ha identificato una simile correlazione tra VTE e sindrome metabolica.
Lyn Steffen (University of Minnesota, Minneapolis, USA) et al. hanno seguito 20,374 adulti di età compresa tra i 45 e i 64 anni, per una media di 12,5 anni per episodi di VTE non determinato da cancro registrando 169 episodi.
La sindrome metabolica basale, definita secondo NCEP ATPIII è stata diagnosticata nel 30% degli uomini e nel 34% delle donne.
I ricercatori hanno identificato che il sesso alterava la relazione tra rischio di VTE e la sindrome metabolica: gli uomini con sindrome metabolica basale erano significativamente più suscettibili a sviluppare VTE rispetto a quelli senza (HR=1.84), ma il rischio non aumentava significativamente tra le donne.
Ulteriori analisi hanno mostrato che l’aumentato rischio di VTE associato a sindrome metabolica era attribuito ad obesità addominale (HR=2.10 e 1.70 in uomini e donne, rispettivamente). Le altre componenti della sindrome metabolica non contribuivano significativamente al rischio di VTE.
Significato clinico
In un editoriale di commento ai due articoli, Walter Ageno et al. (University of Insubria, Varese, Italy) hanno sottolineato: “ I risultati di questi studi longitudinali forniscono ulteriore evidenza sul ruolo della sindrome metabolica come fattore di rischio per lo sviluppo VTE, corroborando precedenti osservazioni di studi di controlli di casi, ed offrono importanti elementi sui meccanismi che stanno alla base di questa associazione.”
Il team medico italiano ha inoltre rimarcato che “ dal momento in cui l’intenzione principale nel definire la sindrome metabolica risiede nell’identificazione dei pazienti ad aumentato rischio a lungo termine di eventi vascolari, è ragionevole proporre, per i futuri progetti di ricerca e per la pratica clinica, una specifica definizione di Sindrome Metabolica, che comprenda l’obesità addominale quale elemento diagnostico, così da facilitare l’identificazione e la prevenzione del VTE”.

