Sensibilità all’insulina, un indicatore delle dinamiche corporee a lungo termine


Così sostengono i ricercatori americani del dipartimento di scienze motorie della Brigham Young University, Utah, i quali hanno analizzato la relazione tra resistenza all’ormone insulina e la probabilità di aumento dell’adiposità e del peso corporeo.
Lo studio prospettico, della durata di 18 mesi, ha coinvolto oltre 220 donne. I ricercatori hanno così determinato il grado di resistenza all’ormone delle partecipanti misurando il livello di insulina plasmatica e la glicemia a riposo mediante il test HOMA (Homeostatic model assessment). Le donne sono state quindi suddivise in quattro categorie in base ai valori del test.
La percentuale di grasso corporeo è stata invece misurata attraverso pletismografia, mentre il contenuto adiposo addominale calcolato mediante misurazioni della circonferenza in vita. Per valutare l’impatto dell’attività fisica e dell’assunzione di calorie giornaliere le partecipanti, rispettivamente indossavano accelerometri ed hanno completato questionari alimentari settimanali.
I ricercatori hanno potuto così osservare che le donne incluse nel gruppo a maggiore sensibilità all’insulina riducevano nel tempo la percentuale di grasso corporeo, mentre le categorie intermedie e a bassa sensibilità aumentavano la propria adiposità corporea. Le variazioni ponderali presentavano una simile relazione dose-risposta. Tuttavia, il valore iniziale della resistenza all’insulina non permetteva di predire le variazioni osservate nell’adiposità addominale.
In conclusione, le donne con un’elevata sensibilità all’insulina presentavano una minore tendenza all’aumento di peso e dei depositi adiposi rispetto a coloro caratterizzate da una resistenza anche sub-clinica all’ormone. Questo effetto sembra essere largamente indipendente da altri fattori. Solamente il valore iniziale della percentuale di grasso corporeo e del peso corporeo sembrano rivestire un ruolo fondamentale nel mediare questa relazione.



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