Un nuovo test per la vitamina D


La vitamina D gode attualmente di notevole attenzione clinica ed è oggetto di un rinnovato interesse scientifico, frutto di recenti scoperte che hanno delineato il ruolo di questo ormone in numerose condizioni patologiche.
Questo composto, infatti, assolve a funzioni vitali tra cui il metabolismo scheletrico e la regolazione dell’omeostasi del calcio, ma ora si sa con certezza che la sua attività non si limita solo a questo.
Effetti della Vitamina D
L’insufficienza o deficienza nei livelli sierici della vitamina D sembra favorire lo sviluppo del tumore rettale e mammario ed è direttamente associata all’insorgenza di patologie autoimmunitarie quali la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide e il diabete.
Una moderata esposizione alla luce solare, almeno 30 minuti al giorno, ed un adeguato consumo dietario o integrazione farmacologica sono sufficienti per mantenere lo status richiesto ai fini delle attività biologiche correlate alla vitamina.
Secondo un consensus internazionale, il valore soglia al di sotto del quale viene diagnosticata la deficienza della vitamina coincide con una concentrazione di 10 ng/mL, equivalente 25 nmol/L. Tuttavia, l’associazione tra deficienza di vitamina D e patologia è oggetto di dibattito, per via delle possibili ineguatezze analitiche relative alla misurazione della sua concentrazione sierica.
Le difficoltà metodologiche derivano dall’esistenza di complesse vie metaboliche responsabili della produzione di differenti forme attive della vitamina. A seconda della sua provenienza, la vitamina D viene infatti resa disponibile in due forme: la vitamina D2 e D3, distinte fra loro in termini di struttura chimica.
La forma D3, o colecalfiferolo, è sintetizzata a livello cutaneo a partire da un suo precursore per azione della componente ultravioletta della luce solare, mentre la D2 deriva principalmente da fonti alimentari. Entrambe subiscono poi processamento enzimatico di idrossilazione in sede epatica e renale che da origine ai composti farmacologicamente attivi della vitamina, rispettivamente 25OHD3 e 25OHD2.
Lo status della vitamina viene solitamente valutato misurando la concentrazione totale di entrambi i composti nel sangue. La cromatografia liquida abbinata a spettrometria di massa rappresenta attualmente la metodica di riferimento. Questa tecnica presenta una limitata sensibilità analitica principalmente dovuta all’esistenza di composti denominati epimeri ed isobari che presentano proprietà chimiche simili alla forme attive della vitamina e possono condurre a valutazioni erronee.
Alcuni di questi composti svolgono funzioni fisiologiche minori ma non possiedono interesse analitico. La separazione di questi composti confondenti dagli analiti di interesse è dunque di primaria importanza in quanto la loro presenza compromette la valutazione del veritiero status della vitamina e può portare a ritenere erroneamente la sua concentrazione globalmente accettabile.
La nuova metodica
La tecnica è stata recentemente perfezionata e la nuova metodica include la separazione e quantificazione dei composti epimeri ed isobari. La tecnica di estrazione liquida è di più rapida esecuzione e non prevede le procedure di derivatizzazione chimica responsabili della frequente variabilità analitica.
In questo modo é possibile quantificare accuratamente la concentrazione delle distinte forme attive di 25OHD evitando le interferenze legate alla presenza di composti confondenti e ad altre limitazioni di natura tecnico-strumentale.
La nuova metodica permette di testare più facilmente i livelli di vitamina D nel sangue e garantisce una maggiore standardizzazione dei risultati, presupposto necessario per la comprensione del ruolo della vitamina nei processi fisiologici sia in stato di salute sia in condizione di patologia.



- Gli esami di laboratorioGli esami di laboratorio consentono di approfondire lo stato nutrizionale, valutando la biodisponibilità e il bilancio dei nutrienti.